Settembre spesso si è rivelato un mese da incubo per i mercati finanziari (e non solo). Abbiamo appena assistito alle celebrazioni per il ventennale della tragedia delle Torri gemelle che causarono un crash del mercato azionario mondiale, eppure ciò che ci ha letteralmente mandati in panico è accaduto solo sette anni più tardi con il fallimento della Lehman Brothers. La volta in cui abbiamo temuto di assistere al crollo del sistema finanziario moderno. Come dimenticare i tentativi di salvataggio guidati dalla regia dell'allora Segretario al Tesoro Paulson (che naufragarono in un week end di metà settembre) e le conseguenze che ne derivarono? Ancora oggi mi chiedo cosa sarebbe accaduto se fosse intervenuto il governo degli Stati Uniti all'ultimo secondo, in alternativa a ciò che in realtà avvenne, ovvero il salvataggio dell’intero sistema finanziario che stava letteralmente sgretolandosi sotto il peso dei mutui cartolarizzati e collocati ai quattro angoli del pianeta come asset sicuri. A quei tempi, si parlò tanto di "moral hazard” e il discorso più o meno era il seguente: “Perchè salvare i ricchi banchieri e i loro adepti?” ci si chiedeva nelle stanze dei vari Governi. La leggenda narra che il Governatore della Banca d' Inghilterra decise di intervenire quando un suo collaboratore rispose "Perchè quando domani i bancomat delle banche d'Inghilterra smetteranno di erogare soldi ai loro correntisti, ci sarà la rivolta”. A mio parere, questi ricordi sono adesso avvicinabili a quanto sta accadendo in Cina con il colosso dell'immobiliare Evergrande. Dopo avere sondato il parere di alcuni specialisti, possiamo affermare che le aspettative sono per uno scenario di ristrutturazione del debito. Ipotesi che si è ulteriormente rafforzata all'inizio della settimana, a seguito dell'annuncio dell’assegnazione di un mandato in tal senso a due studi specializzati in materia. In particolare, la società Gemway (che gestisce con grandi risultati sia un fondo azionario cinese che uno sui mercati emergenti) sostiene che in realtà "una liquidazione dell'impresa appare poco probabile rispetto al rischio sistemico legato alle dimensioni dell'impresa e alle numerose parti interessate (fornitori, proprietari privati - 200.000 dipendenti diretti e 3,8 milioni indirettamente). In caso di ristrutturazione come in caso di default, il governo cinese dovrebbe garantire un trattamento analogo tra i creditori del debito onshore (per residenti, in CNY) e offshore (per non residenti, in USD)”. In effetti, mantenere la fiducia degli investitori stranieri sembra fondamentale mentre Pechino persegue i suoi obiettivi legati all’ apertura del conto di capitale e di internazionalizzazione dello Yuan. Per quanto riguarda il rischio di contaminazione sul mercato obbligazionario, la correzione è attualmente limitata agli emittenti cinesi con struttura finanziaria fragile all'interno dei settori sotto pressione regolamentare delle autorità. (...)