Spesso mi chiedo: se fossi vissuto in un’isola deserta, come il protagonista di “Cast away” per un anno e tornassi ora alla civiltà, cosa penserei e soprattutto come vivrei la situazione attuale? Se apro un giornale, oppure accendo la televisione, non faccio altro che vedere dichiarazioni di allarme sulla diffusione del Covid 19 e i suoi effetti. Quindi, se non sapessi nulla, mi documenterei il più possibile ricorrendo alla statistica pura, magari abbinata alla osservazione empirica dei comportamenti. Chiaramente con una mente scevra da condizionamenti passati, sarei sicuramente più obiettivo di quanto potrei mai esserlo ora. Pur tuttavia, i numeri sono numeri e non mentono e quello che vedo in questa seconda ondata è diverso da quello che vedevo a marzo. Sette mesi fa si facevano 20-25.000 tamponi al giorno e la media dei positivi era il 30 percento, adesso si fanno 150-160 mila tamponi al giorno e la media dei positivi è intorno all’8 percento. Se guardiamo poi al numero dei ricoveri e delle terapie intensive, le differenze sono enormi. In particolare, la terapia intensiva, che ha avuto un massimo di 4509 presenze contro le 750 di oggi. Sia chiaro che io non sono un negazionista nè tantomeno un fomentatore di folle, sto semplicemente esponendo dei numeri che sono pubblicati ogni giorno sui media specializzati. Il problema esiste e non è in discussione, però perché creare il panico tra la popolazione attraverso dei numeri che fanno rabbrividire senza alcun confronto? Perché non ci dicono anche cosa succedeva a negli anni passati per tutte le altre malattie, in modo da poter avere un paragone oggettivo? Dire che ieri ci sono stati X morti e Y ricoverati senza specificare quanti ce ne sono normalmente in condizioni definite “normali” ha veramente poco senso. Andando a vedere per esempio cosa accadde nel 1918 e 1919 con la “Spagnola”, si scopre facilmente che ci furono tre ondate, con la seconda molto più aggressiva della terza, ma con una prima praticamente nulla. Possiamo però sicuramente affermare che non esistevano certo le cure che ci sono oggi e che venivamo da un conflitto mondiale, con la popolazione stremata. Qualcuno forse si starà chiedendo per quel motivo parli di pandemia in un approfondimento che dovrebbe dare indicazioni su come investire. La risposta è semplice: in questo momento le due questioni sono strettamente collegate e l’atteggiamento dei governi, così come il comportamento della popolazione, saranno determinanti. Più che analisti finanziari in questo momento servirebbero antropologi. Se pensiamo al comportamento dei mercati quando finalmente a fine febbraio si sono resi conto dell’impatto che questo virus avrebbe avuto su produzione e consumi e di conseguenza sul PIL mondiale, direi che l’impatto potrebbe essere paragonabile a quello che provarono i poveri Troiani quando Ulisse li attaccò uscendo di notte con i soldati dal famoso cavallo di legno. (...)