Quanto accaduto negli ultimi 15 giorni mi fornisce l'assist per proseguire sulla stessa linea di analisi che avevo individuato nel mio ultimo approfondimento mensile. La mia conclusione infatti menzionava la mancanza di porti sicuri in un contesto in cui le variabili politiche potevano danneggiare in qualunque momento gli asset finanziari, che sono estremamente sensibili in questo momento ad ogni notizia che arriva dai vari protagonisti della scena politica mondiale. Guardate cosa è accaduto ai Bund tedeschi decennali a seguito della decisione del governo Italiano di aumentare il deficit al 2.4 %. Se è vero che nell'immediato sono stati oggetto del cosiddetto "flight to quality", ovvero hanno visto il rendimento abbassarsi facendo impennare lo spread con il BTP italiano, già dopo qualche giorno sono diventati oggetto di vendite, con il tasso tornato a salire (BtP al 3.7%). Stessa cosa dicasi per i T-bond americani, dove è stato superato e poi consolidato il livello di 3.2%, con un aumento di oltre 30 punti base in un mese. Questo movimento pare essere stato originato dalle vendite sui governativi americani da parte degli investitori cinesi, che sfruttano quest’ arma finanziaria per fronteggiare la guerra dei dazi. Tutto questo ha comportato sostanziali perdite nel valore delle obbligazioni e di conseguenza dei fondi obbligazionari, tanto cari ai risparmiatori con un basso profilo di rischio. Le borse mondiali invece si sono mangiate in pochi giorni il rally che era iniziato in settembre (dove il mercato americano aveva addirittura visto segnare nuovi massimi) con una correzione che si è rivelata più marcata per il settore tecnologico. Quindi, se escludiamo il conto corrente (sulla cui eventuale certezza di "safe haven" reale potremmo disquisire per ore) altri investimenti "sicuri" non ne abbiamo visti. Solo poche strategie alternative sono riuscite ad ottenere rendimenti positivi in questa fase. Il vero quesito amletico adesso sta nel capire se questa crescita globale, che comunque sta proseguendo, sia in grado di sopportare ulteriori rialzi dei tassi di interesse e fino a che punto questi rialzi impatteranno in maniera decisa sui prezzi degli asset finanziari. In caso di uno scenario negativo, quindi, mi aspetterei non una correzione, come quella che stiamo vedendo in questi giorni, ma un vero e proprio bear market, che secondo me potrebbe essere ancor più marcato sui mercati obbligazionari rispetto a quelli azionari. Non sto affermando che i benchmark obbligazionari scenderanno in termini assoluti più di quelli azionari ma mi soffermo sulle conseguenze che tale eventualità possa provocare nella psicologia di un investitore a basso rischio. Vedere -15% su un portafoglio obbligazionario governativo o investment grade, magari comprato solo due anni fa, potrebbe essere più scioccante rispetto ad un -25 % per un investitore azionario abituato al rischio di mercato. Ecco perché l’investitore obbligazionario potrebbe essere indotto a liquidare tutto. (...)