Questa volta, ho aspettato un po’ a scrivere le mie considerazioni mensili perché avevo il timore di espormi troppo in una situazione di estrema volatilità come quella che stiamo vivendo, non solo sui mercati finanziari ma anche nella vita reale. Lo faccio dunque ora che il mese sta finendo. Putin ha deciso di invadere l'Ucraina e quindi la mattina del 24 febbraio ci siamo svegliati con le terribili immagini che sempre contraddistinguono momenti come questi. Senza voler entrare in merito a considerazioni geopolitiche che non mi appartengono, mi focalizzerò soltanto sulla reazione dei prezzi dei titoli sui mercati dei capitali. A febbraio, scrivendo quello che pensavo prima che l'esercito russo violasse i confini nazionali di un Paese terzo (cosa che al tempo peraltro tutti escludevano), mi ero focalizzato sulla statistica dei comportamenti post invasione suggerendo chiaramente di non farsi prendere dal panico ma di mantenere il sangue freddo e di preoccuparsi piuttosto di inserire protezioni in portafoglio prima del verificarsi dell’infausto evento ( mai dopo o ancor peggio durante l'evento). Tutt’al più, rammentavo della possibilità di sfruttare eventuali ribassi, qualora questi fossero ingiustificati, per aumentare le posizioni su quei temi che più ci piacciono, oppure sui titoli di qualità che avevano subito dei pesanti ribassi (come Google e Microsoft, ad esempio). Quello che è successo dopo, è stato da "manuale delle giovani marmotte”, con le solite reazioni che vengono puntualmente descritte in ogni testo di finanza comportamentale. Sintetizzando, chi ha venduto sul ribasso ha consolidato la perdita e ora, se vuole rientrare, lo fa a prezzi molto più alti; quelli che hanno sfruttato i ribassi per accumulare le posizioni invece adesso possono anche ridurre il rischio, mentre quelli che hanno venduto le protezioni (sullo spike di volatilità i prezzi sono saliti tanto e velocemente) possono cominciare a rimontarle. In tale contesto, il comportamento del retail rimane sempre il miglior benchmark di riferimento. Io, ad esempio, ho un amico-cliente che ha una posizione con un peso sbilanciato su un singolo titolo bancario ormai da anni e io da sempre gli ricordo che avere un così alto rischio specifico (parliamo del 50 % dei suoi averi personali) è sempre sbagliato. Questo investimento ovviamente negli ultimi anni ha avuto una volatilità pazzesca (stiamo parlando di una primaria banca europea): praticamente si è mosso da 100 a 20 e da 20 di nuovo a 100. Quando è tornato in area 100, dopo qualche anno, gli ho consigliato di sfruttare il momento per ridurre il peso e il rischio e diversificare, ma lui non lo ha fatto perché, avendo visto una performance pazzesca da aprile 2020 in poi, pensava che la corsa non sarebbe mai finita. Ovviamente con i venti di guerra in Ucraina le banche europee il 24 febbraio sono state massacrate nell'immediato e il suo titolo bancario ha perso il 20 %. Puntualmente questo mio amico mi ha chiamato per dirmi che voleva vendere (un classico) perchè aveva paura di vederlo tornare a 20, al che gli ho fatto presente che non è mai una buona idea vendere nel momento di panico. (...)