Marzo 2018

12.03.2018
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

Quando ho scritto il "Punto" di febbraio, esattamente domenica 11 Febbraio, non ero sicuro fosse una buona idea espormi così pubblicamente in merito all'andamento futuro dei mercati finanziari, poiché eravamo nel pieno della tempesta con l'incognita delle elezioni Italiane e la Germania ancora senza un governo, oltre al fatto che la possibilità che la negatività permanesse era piuttosto elevata. Nonostante tutto, la situazione mi sembrava ancora propizia per suggerire un aumento della componente azionaria a coloro che non si erano dimostrati sufficientemente coraggiosi nel 2017, considerati anche i buoni fondamentali economici. A distanza di un mese, seppur le cose siano sicuramente migliorate, rimango stupito come al solito della forza dei listini americani, rispetto a quelli europei, nonostante il dollaro sia rimasto stabile nel range che lo contiene da inizio anno tra 1,22 e 1,25, ma soprattutto di fronte ai T-bond americani che hanno ulteriormente alzato il rendimento a circa il 2,9%, mentre i Bund tedeschi hanno visto limare il ritorno di circa 12 basis points. Impressionante poi il Nasdaq che venerdì ha battuto l'ennesimo record assoluto. Anche l’indice italiano è riuscito a spiazzare tutti i ribassisti, cresciuto al cospetto di un risultato elettorale che lascia il Belpaese nella totale ingovernabilità. La sensazione quindi è che di cose "scontate" non ce ne siano e che si debba andare oltre i movimenti di breve periodo per un’asset allocation strategica alla quale aggiungere eventualmente una componente più tattica. Sul piatto della bilancia delle cose positive metteremo: 1) una crescita economica sincronizzata a livello mondiale che fa ben sperare per gli utili delle società per il primo trimestre 2018, in particolare per gli Stati Uniti dove la riforma fiscale dovrebbe far incrementare notevolmente i risultati netti per le società americane; 2) un atteggiamento propositivo da parte delle banche centrali, nonostante la diversità delle politiche monetarie in corso, con una FED impegnata a non alzare troppo, una BCE ancora accomodante e una BOJ sempre impegnata a stampare moneta; 3) un dollaro tendenzialmente debole, che aiuta lo sviluppo dei Paesi Emergenti e di conseguenza le performance delle loro borse. E poi abbiamo Trump, che aggiunge positività quando sembra cercare il dialogo con il dittatore coreano, ma contribuisce alla difficoltà del momento imponendo dazi all'importazione aumentando il rischio di una possibile guerra commerciale che non gioverebbe sicuramente al sentiment di mercato. Guardando invece il bicchiere mezzo vuoto: 1) l'eccessivo indebitamento del consumatore americano, che, pur avendo fornito spessore al ciclo, lo ha nuovamente esposto ai rischi dell'aumento dei tassi; 2) l'inflazione, che è stato l'invitato più atteso per anni e adesso abbia paura che si ubriachi e rovini la festa a tutti. (...)

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