Maggio 2022

27.05.2022
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

In accordo con il mio pessimismo anche questi ultimi 36 giorni (trascorsi dal mio ultimo approfondimento) si sono rivelati estremamente difficili per gli investitori, praticamente su tutte le asset class. L'indice più importante del mondo, lo Standard & Poor’s 500, alla fine ha perso il 20% da inizio anno, entrando ufficialmente in modalità "Orso". Un dato che, d’altra parte, servirà più alle statistiche future che al contesto attuale. Un paio di mesi fa pensavo che il livello attuale (intorno ai 3850/3900 punti) potesse rappresentare un punto di equilibrio, ipotizzando i tassi del decennale governativo americano al 3%. La realtà è che nell'ultimo periodo ho visto tanti, troppi segnali che, per utilizzare un eufemismo, mi fanno dormire poco sereno la notte. Le settimane di calo adesso sono diventate sette, un evento che si è verificato solamente altre 3 volte in 94 anni, e i ribassi avvenuti nelle situazioni passate sono stati in linea con l'attuale, ovvero intorno a -15%, e in ben due occasioni vi è stata anche un’ulteriore settimana negativa, anche se non siamo mai andati oltre l'ottava. In passato, a quel punto, sono partiti dei rally con ampiezze diverse, il che in effetti depone bene anche per questa occasione visto che siamo in un contesto di estrema negatività e di ipervenduto. Chissà dove sono finiti tutti i day traders che solo qualche mese fa affollavano i trading online e che facevano la gara a comprare le Rivian?! Eppure, nonostante le valutazioni siano tornate a dei livelli quantomeno accettabili, temo che la FED non sia ancora soddisfatta e quando vedo dichiarazioni da “falco” anche da parte dei membri che in passato erano considerati le “colombe” per antonomasia, credo che le Growth Stocks balleranno ancora parecchio. Molto interessante il movimento del decennale americano che, dopo aver toccato il 3.2% di rendimento il 9 maggio, ha ripreso a svolgere la sua funzione di "protettore" delle asset allocation, tornando negli ultimi 10 giorni al ruolo di de-correlatore dello Standard and Poor’s chiudendo l'ultima settimana con un rendimento del 2.78%, oltre quaranta punti base in meno rispetto al massimo. Tutto ciò ha comportato un movimento di prezzo di quasi il 3%, praticamente quello che ha perso l'azionario, determinando il classico "flight to Quality " che non si vedeva da un po’ di tempo. Questo a dimostrazione, quindi, che gli operatori avrebbero individuato in area 3.2/3.3% un livello target di tasso, inviando un chiaro segnale alla banca centrale americana. Allo stesso tempo però, la Fed ha affermato che vuole portare il tasso di inflazione di nuovo al 2% e visto che il motto è "never fight the FED" (e non "never fight the traders"), rimango cauto e dubbioso. (...)

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