Maggio 2018

14.05.2018
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

Come previsto, la stagione delle trimestrali si è rivelata particolarmente ricca per le società americane e questo ha fornito nuovo carburante al rally che ci attendevamo il mese scorso, allontanando notevolmente l'indice S&P 500 dalla sua media mobile a 200 giorni, nonché da quel tanto temuto livello (2535 punti) sul quale sembrava ci fossero pronti 100 miliardi di dollari di vendite allo scoperto. Ovviamente, questo movimento ha aiutato praticamente tutti i listini mondiali, ad eccezione dei mercati emergenti, che hanno sofferto il rafforzarsi della valuta americana. Ma nulla di veramente preoccupante. Desta poi particolare curiosità, almeno da parte mia, la spettacolare performance dell'indice italiano che sta sovraperformando tutti gli indici europei, nonostante lo stallo politico in cui si trovi il Paese ... chi se lo sarebbe mai aspettato di vedere un movimento così dopo i risultati elettorali? Tutti contenti quindi, soprattutto osservando gli indici che misurano la volatilità tornare così in basso, come se il peggio fosse ormai alle spalle e ci si potesse tornare a concentrare soltanto sugli aspetti positivi. Nella realtà, la preoccupazione serpeggia tra i vari operatori di mercato e si sta levando più di una voce dal coro ad ammonire gli investitori, facendomi tornare alla mente quel memorabile sketch di "Non ci resta che piangere" quando un solerte predicatore ricordava ad uno sconcertato Troisi che avrebbe dovuto morire (prima o poi). Ma cos'è che turba i nostri sonni? Per molti analisti, è l'enorme debito accumulato in questi anni di tassi eccezionalmente bassi che, nel momento in cui dovessero tornare a crescere, potrebbero danneggiare notevolmente l'economia mondiale, visto che il ciclo sembra basarsi più sul debito contratto per consumi piuttosto che per investimenti. Personalmente continuo a nutrire una discreta fiducia nell'operato delle banche centrali, quantomeno per il fatto che sono tutti ben consci del problema e, memori di quanto accaduto in passato, cercheranno in ogni modo di evitare ulteriori errori. Altri osservatori sottolineano evidenti sopravvalutazioni nei mercati azionari, che tuttavia io allo stato attuale non riscontro anche in considerazione delle guidance che hanno fornito le società dopo gli annunci degli utili, nonostante non si possa certo affermare che le azioni mondiali in questo momento siano a sconto. Il mio timore, invece, è che il prossimo crash di mercato possa essere causato più da fattori "tecnici", indotti da enormi flussi provenienti dalla montagna di denaro in mano all'industria del risparmio gestito. (...)

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