Luglio 2018

09.07.2018
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

Recentemente mi è capitato di leggere i risultati di una indagine statistica molto interessante in merito alle scelte dei risparmiatori Italiani nel 2018. La cosa più eclatante a prima vista è stata che per la prima volta sembra che gli Italiani si stiano disinnamorando delle obbligazioni. "Bene" ho pensato nell'immediato, "vuoi vedere che finalmente anche i miei compatrioti hanno finalmente capito come ci si debba approcciare ad un corretto investimento?”. Continuando la lettura, sempre più incuriosito, scopro poi che della vendita delle obbligazioni a beneficiarne è stata la liquidità e penso "Giusto, i tassi stanno aumentando, in Italia le banche non applicano tassi negativi sui depositi, quindi, anziché perdere in conto capitale, si posizionano pronti a cogliere le opportunità che si presenteranno". Un'altra asset class generica che si è avvantaggiata dei flussi dalla vendita delle obbligazioni è il risparmio gestito e a quel punto mi stavo quasi commuovendo, immaginando una folla di investitori che, consapevole delle proprie lacune, decide finalmente di avvalersi della consulenza di professionisti nella gestione dei propri risparmi, così come si avvale regolarmente di avvocati, architetti, ingegneri, medici etc etc. Peccato che tutte le illusioni che già mi stavo immaginando sarebbero state demolite un secondo dopo alla lettura degli obiettivi di investimento. "Per nove risparmiatori su dieci, l’avversione al rischio resta comunque assoluta e la sicurezza degli investimenti viene sempre al primo posto. Quando il risparmiatore si trasforma in investitore, mette al primo posto l’obiettivo di non perdere neppure un centesimo di quanto ha risparmiato. La sicurezza rimane, di gran lunga, il principale obiettivo, ed è citata al primo posto come obiettivo da circa tre intervistati su cinque". Non vorrei peccare di presunzione, ma la lettura che do ad una affermazione simile è quella che benché abbiano venduto obbligazioni detenute direttamente, lo abbiano fatto semplicemente per comprare fondi obbligazionari, perché così facendo pensano di non correre rischi. E allora mi chiedo perché non riusciamo proprio, non dico a diventare, ma quanto meno ad assomigliare agli investitori anglosassoni. Ciò che mi rende più perplesso è che gli intervistati non si siano ancora resi conto che non esistono investimenti sicuri, a meno che non vogliano investire su obbligazioni tedesche che presentano un tasso negativo fino a sette anni e per ottenere dei miseri basis point bisogna addirittura andare fino a otto anni. E, anche in questo caso, chi di loro sarebbe davvero cosciente delle oscillazioni di prezzo che potrebbe avere una obbligazione con duration praticamente uguale ad otto (visto che rende appena cinque basis point all'anno)? E allora come non invidiare i nostri colleghi americani (e non solo) che hanno a che fare con investitori consapevoli non solo dei rischi, ma anche delle opportunità che esistono sui mercati finanziari? (...)

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