Gennaio 2022

22.01.2022
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

Dopo la grande performance dei mercati azionari dello scorso anno, il 2022 è cominciato sicuramente con uno scenario completamente diverso rispetto a dodici mesi fa. L'anno scorso di questi tempi, infatti, eravamo pieni di dubbi sugli effetti che avrebbe avuto il prolungarsi della pandemia, ma eravamo certi del supporto delle banche centrali e dei governi. Nonostante questo, il tasso di interesse del decennale americano che aveva aperto il 2021 intorno all'1 %, nel giro di un paio di mesi, ovvero a marzo, è arrivato a toccare l’1.77% di rendimento. E questo nonostante la FED fosse ancora colomba. Come si sa, i mercati finanziari tendono ad anticipare i segnali provenienti dall’economia reale e, poiché l'economia stava accelerando in maniera importante, già si immaginava che gli stimoli sarebbero stati gradualmente rimossi. Poi, come ben sappiamo, c'è stata la variabile Delta, gli stimoli sono rimasti e il T bond è di nuovo sceso intorno all'1.1%, fino a quando non è arrivata l'inflazione che, all'inizio, è stata definita "temporanea" e poi piano piano si è radicata sempre di più nell'economia costringendo Powell&soci a cambiare approccio.  Oggi, l'economia statunitense è in piena espansione, con il patrimonio netto delle famiglie ai massimi storici. Da un’analisi della Federal Reserve di Atlanta, si evince un PIL reale del quarto trimestre degli Stati Uniti al 7%, che, con un 6% di inflazione CPI, farebbe aumentare il tasso di crescita nominale al 13%. Il quadro di crescita è simile in Europa e nel Regno Unito si dovrebbe tornare indietro di 50 anni per trovare un'ondata simile. C’è un grafico di Goldman Sachs che mostra l'indice delle condizioni finanziarie americane, uno strumento composto che include tassi di interesse, valutazioni azionarie, costi finanziari e dati valutari per analizzare quanto risultino "facili" o meno. Per semplificare, diciamo che rappresenta un indicatore più ampio rispetto al semplice livello dei tassi di interesse. Ebbene, l'indicazione è evidente: ci troviamo in un contesto in cui queste condizioni sono le migliori mai registrate. Tuttavia, come dicevamo poc'anzi, l'inflazione non si può più definire temporanea, considerati gli aumenti dell’energia, delle abitazioni, dei salari, delle materie prime e del cibo. In poche parole, ci sono troppi soldi per troppi pochi beni.  Motivo per cui Powell ha accennato anche alla contrazione del bilancio (tightening che è il contrario di easing) visto che i prezzi degli asset sono stati sospinti al rialzo in mezzo ad un mare di abbondante liquidità e stimoli.  Per la prima volta in almeno un decennio, i banchieri centrali stanno iniziando a riconoscere di essere dietro la curva. La pressione politica a "fare qualcosa" sta aumentando. Nel 2022, sembra probabile che i tassi di interesse e i rendimenti obbligazionari aumenteranno, il Quantitative Easing si dissolverà e si affievoliranno gli impulsi di stimolo fiscale. (...)

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