Il 2016 appena concluso mi ha lasciato la stessa sensazione che provano i calciatori quando perdono una qualificazione ai rigori. Quella di una grande occasione perduta. E' stato un anno veramente particolare, dove tutto ciò che era stato previsto non si è avverato, ma soprattutto le reazioni dei mercati agli imprevisti sono state quantomeno singolari, per utilizzare un eufemismo. L’anno si è aperto con un tracollo del mercato azionario, con l'indice Eurostoxx arrivato a perdere circa un 15% nei primi quaranta giorni di contrattazione (ma portandosi a quasi meno 30% rispetto ai massimi dell'aprile 2015), risultato simile al Nikkei, mentre l'indice americano si è confermato molto più stabile, visto che la sua correzione, seppur importante, è risultata di circa la metà rispetto agli altri indici. Le motivazioni, dicono, sarebbero da cercare nel crollo del prezzo del petrolio e nella fuga di capitali dalla Cina. Ed ecco entrare in gioco i banchieri centrali, con Kuroda che a fine gennaio propone tassi negativi, mentre Draghi a marzo estrae dal cilindro delle misure del tutto inimmaginabili soltanto quindici mesi prima, aumentando l'importo del QE (inserendovi anche la obbligazioni corporate non bancarie), abbassando ulteriormente i tassi e creando quattro LTRO. E i mercati che fanno? Lo yen e l'euro si rafforzano sul dollaro (ma perché?) e in Borsa assistiamo ad un pazzesco junk rally, con gli indici trainati dai titoli di peggior qualità (in termini di Ebitda), mentre ciò che sembra veramente sovvertire le regole fondamentali del mercato dei capitali sono i livelli dei tassi (negativi) che vengono raggiunti nei primi sette mesi del 2016 su più scadenze e su più emittenti (governativi e non). Probabilmente avrei scommesso la casa (perdendola) se mi avessero detto nel 2011 che l'Italia avrebbe emesso un giorno BTP a tassi negativi. A onor del vero, non bisogna dimenticarsi che l’apice di questo "no sense economico" dei tassi negativi, è stato raggiunto con la Brexit, il cui risultato ha sconvolto totalmente i pronostici, considerando il voto scozzese dell’anno precedente quando prevalse lo status quo. Anche in questo caso, sembrava che l’Inghilterra si dovesse schiantare, e invece l'indice FTSE 100 dal 27 giugno 2016 ha strappato di circa venti punti percentuali, ma anche considerando il livello del giorno pre voto, rimane comunque una performance positiva di oltre il 13%. Qualcuno potrà obiettare che contestualmente la sterlina si è indebolita praticamente della stessa percentuale, ma allora come ci si spiega che l’Eurostoxx si trovi ancora in perdita rispetto ad aprile 2015, mentre il dollaro ha segnato nuovi massimi contro l'euro? L'estate si è trascinata in una sorta di limbo, in attesa dell'altro importantissimo suffragio dell'anno, le elezioni americane che contrapponevano Hillary Clinton, prima donna della storia a concorrere per la Casa bianca, puro simbolo dell'establishment americano, all’odiato Trump, "paria" della politica a stelle e strisce, vero rappresentante della pancia del Paese. (...)