Solitamente preferisco scrivere il mio punto mensile durante il week end, in una situazione cosiddetta "a bocce ferme”, per avere modo di raccogliere i pensieri e tradurli in idee operative. Questa volta invece ho voluto aspettare di vedere i mercati dal vivo perché non avevo idea di come avrebbero reagito all'ennesimo sell-off tanto improvviso quanto inaspettato del mercato americano. Queste prime parole già dovrebbero far capire il mood nel quale si trova il mercato dei capitali e chi avesse letto quello che ho scritto solo un mese fa probabilmente mi dovrebbe domandare "ma come, novembre non doveva essere un buon momento per investire?". Poiché non amo nascondermi dietro ad un dito, non cercherò di giustificarmi, piuttosto cercherò di fare il punto della situazione partendo da quello che è successo e in che modo le cose si stanno evolvendo. A onor di cronaca nell’ultima nota non ero particolarmente bullish sui mercati a lungo termine, ma pensavo che qualora fossimo giunti ad un accordo tra Cina e Trump durante il G 20 ci sarebbe comunque stato spazio per il tanto agognato rally di fine anno. Ho scritto Trump invece che USA perché non mi ricordo di essere mai stato in una situazione così precaria per colpa di un singolo uomo, per quanto dotato di super-poteri. Lui ama definirsi un "tariff man", ma delle volte faccio veramente fatica a capire quale sia la sua strategia di negoziazione. Durante la famosa cena di Buenos Aires sembrava infatti che qualche passo avanti fosse stato fatto, almeno come unità di intenti, nel trovare una soluzione che potesse soddisfare entrambe le grandi potenze. Perché allora soltanto due giorni dopo deve twittare messaggi che generano dubbi e confusione? E non voglio neanche commentare quello che è successo poi in Canada con l'arresto della direttrice finanziaria (nonché figlia del fondatore) della Huawei perché direi solo delle banalità. Mi limito a pensare che forse gli americani stanno un pochino esagerando con i loro modi. Capirete bene che con queste premesse sia estremamente difficile impostare una strategia di breve periodo e quindi bisogna necessariamente ampliare l'orizzonte, anche se gli investitori quest'anno sono tutti scontenti perché i risultati che hanno ottenuto quasi tutti gestori sono stati poveri, in alcuni casi negativi a doppia cifra. Del resto il 2018 potrà essere ricordato come l'annus horribilis per i wealth managers in quanto è sceso praticamente tutto. La cosa strana è che le premesse per vedere salire i mercati nel breve (ed aggiustare quanto meno le performance finali) ci sarebbero state tutte (e forse ci sono ancora), con Powell che ha modificato il suo linguaggio nel giro di un mese rendendo d'improvviso la FED più accomodante, con gli ISM che rimangono sui massimi ma in connubio ad un dato debole (ma non troppo) sui payrolls ed una situazione di ipervenduto. La questione centrale è che con questa incertezza politica pochi hanno il coraggio di comprare e quindi assistiamo a questi continui cambi di direzione anche nello stesso giorno. (...)