Agosto 2018

17.08.2018
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

In agosto si ha sempre molto più tempo libero e, purtroppo per chi lavora nel mondo dei mercati finanziari, questo mese è stato spesso motivo di improvvisi mal di pancia da stress. Come dimenticarsi del 2007, quando sorseggiando un cappuccino in terrazza lessi delle difficoltà di alcuni fondi della BNP Paribas e dei primi scricchiolii nel mondo dei mutui americani, o del 2011 con i mercati azionari europei che crollavano mentre camminavo in montagna, ma anche del 2015 quando correvo a controllare il crollo dei listini mentre ero in spiaggia con la mia famiglia? Quest'anno ho voluto aspettare qualche giorno in più per scrivere il mio resoconto mensile perchè mi sembrava strana tutta questa tranquillità, ed ecco che puntualmente sono arrivati i venti contrari dalla Turchia che hanno trascinato  al ribasso  i listini venerdì scorso. Mentre sto scrivendo sembra persista della negatività ma senza particolari eccessi, come se i mercati fossero in attesa di qualche segnale. Si sa infatti che in agosto la mancanza di liquidità possa provocare spesso movimenti esagerati che poi tendono a rientrare nei mesi successivi. Non dimentichiamo che in passato questi movimenti sono anche stati forieri anticipando la fine di un ciclo. Prima citavo situazioni passate come quelle del 2007, del 2011 e del 2015 (ma potrei anche aggiungere il 1999) per verificare se ci possano essere delle analogie con il contesto attuale e la sensazione è che, ahimè, la festa stia davvero finendo. Non mi sono mai piaciuti i ribassisti ad oltranza, che vedono sempre nero in ogni situazione, ma è risaputo che anche gli orologi rotti ci azzeccano due volte al giorno. Vi sono infatti moltissimi segnali che il ciclo sia in fase estremamente avanzata e, come dice Warren Buffett , solo quando la marea si ritira scopri chi stava nuotando nudo. Prendiamo in esame l'economia americana e notiamo che il PIl è cresciuto del 4,1 % all’anno ma con oltre un punto legato a fattori una tantum e in un trimestre dove gli utili delle società americane sono stati molto buoni ma con guidance future estremamente caute. Aggiungiamo che a novembre ci saranno le elezioni di mid term con un Presidente Trump sempre più aggressivo nei confronti dei dazi sul commercio mondiale, condiamo il tutto con tassi di interesse in salita su di un enorme debito pubblico e privato e serviamo il tutto su una tavola mondiale con un’ Europa sempre in discussione politica per qualunque cosa e con una Cina che sta rallentando mentre accumula debito nel settore privato  ricalcando fedelmente l’esperienza nipponica nei decenni che condussero al picco di fine anni Ottanta. (...)

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