Il Settembre 2016

01.09.2016
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

Mi è capitato di recente di vedere "Inside Out", un film animato che ha avuto parecchio successo quando uscì un anno fa, nel quale si presuppone che nella nostra mente ci siano cinque emozioni a dettare le modalità dei nostri comportamenti. Durante la visione, mi è venuto naturale pensare a cosa accade nei cervelli degli operatori finanziari (tra cui anche quello del sottoscritto) quando vengono pubblicati i dati, oppure quando ascoltiamo i governatori delle banche centrali (anche loro ovviamente guidati dalle emozioni) o ancora quando accadono fattori esogeni non prevedibili. Gioia, tristezza, disgusto, rabbia e paura interagiscono nelle nostre teste e ci danno gli input su cosa fare e cosa non fare. Se poi l'azzeccheremo, questo è tutto da vedere. Ma andiamo con ordine... Ad inizio agosto ci eravamo lasciati con l'auspicio che non accadesse nulla di particolare durante le nostre vacanze ed in effetti, il mese è stato molto tranquillo, con la volatilità che si è abbassata notevolmente (soprattutto sull'indice S&P 500) consentendoci di riposarci dalle fatiche accumulate nel corso dell’anno. I mercati azionari sono saliti senza eccessi, così come quelli obbligazionari. Poi siamo tornati ai nostri desk e sono cominciate le pubblicazioni dei dati e tutti i grattacapi stagionali. Gli Stati Uniti hanno visto sicuramente un peggioramento, soprattutto nell'ISM servizi, il Regno Unito sembra non aver risentito della Brexit, mentre la Germania appare in rallentamento. Insomma una gran confusione. E tutti a chiedersi se la Fed ora alzerà finalmente i tassi. Forse sì, però solo una volta e poi si ferma. Di nuovo, gioia, tristezza, rabbia, disgusto e paura. Fino a quando entra in scena Mario Draghi (che tutti immaginavano tirasse fuori chissà quale coniglio dal cilindro) e dice chiaramente che le politiche monetarie, senza l'aiuto dei governi attraverso le politiche fiscali, non possono fare miracoli, ed invita la Germania ad aumentare la sua spesa. A questo punto non vi nascondo che le mie aspettative sulla fine dell'austerity cominciano a crescere, pur essendo consapevole che i rischi politici rimangono peraltro elevati. Se si verificasse questo scenario infatti, le previsioni di un’inflazione in risalita si impennerebbero ed a quel punto continuare a detenere posizioni su governativi lunghi potrebbe essere deleterio. Per evitare che il settore del credito soffra eccessivamente, le banche centrali farebbero in modo di fare acquisti soprattutto sulla parte breve della curva (i cui rendimenti resterebbero su livelli minimi), lasciando invece che il mercato faccia il proprio lavoro sulla parte lunga, riprezzando i titoli (con un conseguente rialzo dei rendimenti). Certo, detto da me che non ho mai consigliato di detenere obbligazioni governative decennali (e quindi non ho beneficiato del rally che li ha accompagnati verso tassi negativi), potrebbe sembrare il commento della volpe che non arriva all'uva; eppure non mi sarei mai aspettato di vedere qualcuno pagare interessi allo Stato italiano per prestargli i soldi a due anni. (...)

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