Il Settembre 2014

03.09.2014
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

Credo che esistano due categorie di persone che si possono riconoscere anche nel modo di approcciare le ferie estive. Da un lato, c’è chi le utilizza per staccare completamente e dimenticare le questioni relative all'attività lavorativa, dall’altro chi invece non riesce mai a dimenticare quello che fa abitualmente e magari sfrutta i periodi di calma per cercare di individuare nuove strategie da attuare al rientro, seppur tra una partita di tennis e una cena con gli amici. Io (purtroppo) faccio parte della seconda categoria e anche quest'anno ho avuto modo di pensare molto durante i vari spostamenti agostiani e di confrontare, ove possibile, la realtà che stavo vivendo, con quello che leggevo sulla stampa specializzata e non solo. Sono stato per il terzo anno consecutivo nella Costa del Sol spagnola e ho visto con i miei occhi un gran fermento di persone, ristoranti pieni, gente per la strada, cosa che assolutamente non accadeva due estati fa. A metà agosto, è uscito un articolo su " Cinco Dias" (paragonabile al nostro Sole 24 ore) relativamente al fatto che la Spagna aveva registrato il secondo miglior luglio turistico di sempre (e chissà quando usciranno le statistiche di agosto...!) con turisti provenienti da tutte le nazionalità (sempre molto alta anche la rappresentanza italiana). Allo stesso modo, anche le statistiche sul Pil spagnolo relative al secondo trimestre si sono rivelate particolarmente incoraggianti facendo ben sperare per il trimestre in corso.

Rientrato in Italia per trascorrere gli ultimi giorni di vacanza in Toscana (in particolare in Versilia) non ho fatto altro che sentire lamentele, vedere musi lunghi e preoccupati ed ascoltare scenari catastrofici sul futuro. Per non parlare della lettura mattutina dei giornali in cui trovi articoli che riportano alla deflazione del 1959... E pensare che sulla Costa del Sol i prezzi sono molto più bassi a parità di servizio o di qualità rispetto a quelli italiani. Il punto è che viviamo in un mondo in cui è diventato più semplice prendere un aereo da Malpensa per andare a Malaga o a Ibiza che non farsi mille chilometri in macchina per trascorrere le vacanze in una località turistica, sia per la spesa che per i tempi (e sorvolando sul costo folle dei traghetti per la Sardegna..).

Ma – voi direte – che c’entra tutto questo con i mercati finanziari?!

Perchè poi ti arrivano sul tavolo analisi di Morgan Stanley che scrivono "Da notare purtroppo la sovraperformance dei cugini spagnoli, con il differenziale Roma-Madrid, lo “spread dentro lo spread” a nuovi record in favore della Spagna, meno 28 punti base di differenza tra i due rendimenti a 10 anni , solo in parte dovuti alla preparazione dell’asta del nuovo decennale o alla dimensione relativa dei due mercati e sicuramente anche dovuto alla scelta degli investitori sul più virtuoso dei due paesi in sede di allocazione. Uno dei pochi spread che allarga, così come la pendenza della curva italiana a ultra-lungo – lo spread cosiddetto 10-30 – a segnalare mancanza di amore profondo per i bond trentennali del Bel Paese”.

Questa è la differenza che esiste tra chi si "rimbocca le maniche" e chi invece continua a parlare e parlare ma non fa nulla di nuovo oppure chiede mille giorni di governo - e non mi riferisco solo all’attuale premier italiano ma anche a coloro che lo hanno preceduto.

Credo che Draghi sia stato molto chiaro in merito alle riforme che devono essere necessariamente attuate, anche perchè non vedo come l'Italia possa continuare a gestire il proprio debito pubblico con un PIL in calo e che non dà cenni di crescita trovo che sia semplicemente inquietante il dato del prodotto interno lordo Italiano paragonato a quello degli altri sei componenti del G7 dal 2008 in poi.

E pensare che oggi il tasso pagato sullo stock del debito è al minimo storico (sotto il 2,5 %), ma cosa accadrebbe se ci fosse un’altra impennata come quella occorsa nel 2011?? Non oso pensare a cosa potrebbe accadere senza la rete di protezione della Bce. Eppure sappiamo bene che, quando uno Stato (che non è più in grado di stampare moneta avendo delegato ad altre banche centrali tale funzione) non ha più soldi in cassa per ripagare i propri debiti può solo a) non pagare e fare default b) prelevarli dai conti dei suoi cittadini. Attenzione quindi che il tempo per le riforme e per cambiare rotta non è infinito, così come non lo è la pazienza degli investitori internazionali. O ci siamo già dimenticati di quanto accadde all’Italia nel 1992?

Contestualmente anche i tedeschi cominciano ad avere qualche timore sulla propria economia, come chiaramente espresso dagli ultimi dati IFO e forse lasceranno fare a Draghi quello che ha lasciato intendere anche nel simposio di Jackson Hole. Anche perchè non dimentichiamoci che la Fed è vicina al capolinea del processo di creazione di moneta e il testimone dovrebbe ora passare alla Bce.

Nel frattempo i Bund tedeschi sono andati sotto lo yield dello 0,9 % per la prima volta nella loro storia, il dollaro è vicino a 1,31 e i mercati azionari hanno ben recuperato in agosto con la solita Wall Street sugli scudi con lo S&P 500 a segnare un nuovo record sopra la soglia dei 2000 punti. Sono felice dunque di non essere stato smentito dai fatti quando, un mese fa, ho consigliato di comprare sugli storni e alleggerire sui rimbalzi. La temuta tempesta agostana non ha fatto capolino (per lo meno sui mercati finanziari, anche se meteorologicamente non si può dire la stessa cosa) e ora ci aspetta un settembre pieno di interrogativi, anche perchè statisticamente parlando non è un mese solitamente positivo per le Borse. Sui giornali leggiamo di presunte telefonate della Merkel a Draghi affinchè il Presidente della Bce non perda di vista l’obiettivo dell’austerity. Circa un anno fa scrivevo che avrei voluto prendere una birra con l'allora governatore della FED per farmi spiegare la situazione, adesso invece vorrei bere un caffè con la cancelliera tedesca per chiederle a chi serve tutta questa austerità, vista anche la situazione russa, che impatta molto negativamente pure sull’industria teutonica.

Nonostante ci sia poco da stare allegri, forse è proprio il differimento senza soluzione di questo mood negativo l’elemento che – impendendoci qualsivoglia tipo di rilassamento - fa sì che la grande correzione non avvenga (attenzione grande correzione non bear market), perchè sappiamo tutti che si materializzerà proprio quando nessuno se le aspetta più.

Recentemente ho fatto uno studio sull'andamento dell'indice S&P nel periodo 1997/2000, in pieno bull market spettacolare e maturo (iniziato nell'autunno ‘91), prima di arrivare al bear market del 2000. Ebbene ci sono state ben cinque correzioni di circa il 10 % e una di quasi il 20 %, e tutte improvvise e inaspettate (ricordate il LTCM o la crisi delle tigri asiatiche?), perchè il sentiment rimaneva comunque positivo e quando poi siamo arrivati al noto tracollo i T Bonds rendevano il 6 % con un price /earning di 25...

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