Il Ottobre 2015

01.10.2015
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

Anche settembre si è rivelato un mese estremamente difficile per gli investitori, con il proseguimento della volatilità su tutti i mercati e il ritorno in auge dei "catastrofisti" sui vari Media.

Ormai è pratica comune, in queste situazioni di mercato, veder spuntare come funghi noti analisti tecnici che prevedono figure ribassiste di lungo periodo che fanno semplicemente rabbrividire.

Non sono un esperto di analisi tecnica (che guardo soprattutto per monitorare flussi e momentum), pur tuttavia personalmente ritengo che, se certamente può essere considerata un ottimo indicatore per capire dove sia la festa “oggi”, non funzioni altrettanto bene nel preannunciare dove sarà domani. Finora infatti non ho mai sentito analisti tecnici predire con un congruo anticipo gli sconquassi di mercato, che si sono poi verificati.

Preferisco allora confrontarmi con chi non solo conosce molto bene la teoria dell’analisi tecnica, ma sa anche come e quando applicarla all’interno dei contesti più diversi.

Ed è grazie a questo riscontro che ho notato come, nonostante l'indice mondiale MSCI World sia entrato in ipervenduto a settembre, non abbia però trovato la forza di rompere il trend rialzista di lungo periodo (cinque anni), esattamente come se un muro avesse retto all'impatto di cento arieti virulenti che, con il passare del tempo, sono poi diminuiti di numero facendo venir meno la pressione in vendita. Che cosa significa? Certamente un bel segnale nel breve. Infatti, non a caso, la fine del mese e i primi giorni di ottobre hanno registrato rimbalzi sui mercati azionari. Un episodio che me ne ricorda un altro, che accadde nell'estate 2011. Diversamente, in quel caso, il mercato americano fece un "falsa rottura" del trend, lanciando un forte segnale di uscita.

Peccato che allora la segnaletica di mercato si ingrippò facendo scattare la classica “trappola dell’orso” (leggi, falso segnale d’uscita) che, per i malconsigliati che avessero avuto la iattura di seguire, avrebbe comportato la perdita di un’ottima performance.

Per farvi un esempio, chi fosse entrato sul S&P500 a fine aprile 2011, quando l’indice quotava 1360 punti, e non si fosse spaventato sulla discesa a 1120 dell'estate, dopo quattro anni ora si ritroverebbe con un indice a 1980, ovvero con un guadagno del 45%.

Ritornando al 2015, che cosa accadrà?

Se fossi un economista, monterei in cima al pulpito e comincerei a dispensare suggerimenti per salvare il mondo, tanto poi tra un anno, potrei rimontare sopra lo stesso pulpito e spiegare perché le mie ricette non hanno funzionato nonostante fossero giuste.

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