Il Novembre 2016

01.11.2016
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

Il giorno prima delle elezioni americane sono stato invitato ad una trasmissione televisiva nella quale si ragionava sul tipo di impatto che avrebbero prodotto le scelte degli americani sui mercati e di conseguenza all’interno dei portafogli.

Posso quindi tranquillamente affermare che quello che scrivo oggi non è come "comporre la schedina totocalcio“ al lunedì, ma un pensiero oggettivamente riscontrabile a priori.

Ovvero, che la vittoria di Trump e la successiva reazione dei mercati non hanno sorpreso più di tanto.

Non è stato quindi assolutamente un “cigno nero", in quanto già presente, come eventualità, nelle teste degli operatori. Mi spiego meglio. Il referendum della Brexit è giunto dopo il referendum della Scozia, dove nonostante i sondaggi fossero sostanzialmente in parità fino alla fine, prevalse quella che fu definita una scelta di buon senso o di status quo.

Per tale motivo la Brexit è stata uno shock nell'immediato e poi nel medio periodo è stata analizzata e digerita dai mercati per le vere implicazioni che tale voto potrebbe portare (basti considerare che la Borsa alla fine è salita mentre la valuta è scesa in maniera importante).

La vittoria di Trump invece non ha rappresentato uno shock proprio grazie alla Brexit, poiché gli operatori hanno ragionato molto più velocemente su quali potrebbero essere i veri impatti economici delle politiche di Trump, che ha l'appoggio (e il controllo) del Congresso, e che si è subito affrettato a pronunciare un discorso alla nazione meno populista di quello che tutti temevano. Tale riflessione, sostenuta mentre la Clinton era data ancora in vantaggio di 10 punti nei sondaggi, è scaturita da quanto osservato a seguito dei tragici attentati avvenuti nei primi anni 2000 e dalla conseguente reazione dei mercati.

Tutti si ricorderanno per sempre cosa è successo alle borse internazionali dopo l'11 settembre 2001, ma chi si ricorda di cosa accadde dopo l'11 marzo 2004 a Madrid o dopo il 7 luglio 2005? Purtroppo, non essendo più considerati "cigni neri”, i mercati finirono con una sorta di “già visto” e di conseguenza anche le reazioni risultarono sempre più circoscritte. Anche se sembra cinico, questa è la realtà.

Comunque, venendo alle implicazioni sulle nostre decisioni di asset allocation, credo che sia un concetto condiviso da tutti che Trump cercherà di stimolare l'economia attraverso la spesa pubblica in infrastrutture piuttosto che in welfare, riducendo le tasse, piuttosto che alzarle.

Per tale motivo, mi aspetto di vedere deficit ed inflazione, che erano esattamente ciò di cui avevamo bisogno. Magari non ci farà piacere vedere un aumento della spesa militare, oppure l'introduzione di dazi commerciali o il totale appoggio alla politica militare di Putin, però tutto ciò dovrebbe comportare quanto meno l’apprezzamento di alcune asset class e la discesa di altre. (...)

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