Il 26 agosto, all'indomani del crollo di Borsa, nel corso di una trasmissione radiofonica nazionale, mi era stato chiesto di offrire alcuni suggerimenti di comportamento e non vi nascondo che il timore di espormi in un momento così carico di tensione fu molto forte, visto che si viene spesso ricordati più per un errore che per averci visto giusto. Ora, a distanza di un mese e mezzo, verificare che i consigli forniti si sono rivelati corretti mi procura molta soddisfazione, pur certo che pochissimi investitori li avranno realmente seguiti. Tipicamente, la paura di comprare nei momenti di crash si rivela sempre il nemico numero uno per fare buoni affari, ed è un peccato perché nel mese di ottobre abbiamo assistito ad un rimbalzo spettacolare. In particolare il MSCI World Index (il paniere più rappresentativo del mercato azionario a livello mondiale) si è apprezzato dell'otto percento e vi assicuro che questi numeri non si vedono poi così spesso. Insieme agli indici azionari, abbiamo visto anche il dollaro (trading position da noi consigliata in quella famosa mattinata) guadagnare almeno sette figure nei confronti dell'euro. Ma siccome “chi si loda s’imbroda”, aggiungo che questa ennesima strappata al rialzo impedisce nuovamente a calma e raziocinio di ritornare sui mercati, che si ritrovano ancora in balia di quell’euforia ed entusiasmo che seguono normalmente ai momenti di panico e depressione. Gli stessi sintomi di chi abusa di droghe e anti depressivi, come molta gente sostiene stiano dispensando ad ampie mani ormai da anni le principali banche centrali. Andando a leggere della ricerca, ho trovato delle cose tanto interessanti quanto diverse ognuna dall'altra. E sia chiaro che le persone che hanno prodotto tali documenti non sono proprio gli ultimi arrivati, quindi le loro analisi meritano tutto il rispetto e la considerazione possibile. Alcuni sostengono che – anche solo a guardare il prezzo delle materie prime – siamo già tornati in recessione e che la crescita del tre percento americana sia ormai un miraggio e per tale motivo saremmo prossimi ad una nuova grande crisi. Altri invece che vedono nei leading indicator dei segnali di risveglio con conseguente ripartenza del ciclo e innesto del circolo virtuoso (investimenti, consumi, inflazione). A chi dare ragione? Una cosa è certa, viviamo in una situazione anomala e tentare dei paragoni con il passato risulta difficilissimo se non poco produttivo. Qualche esempio di potenziali segnali negativi sull'indice S&P 500 è rappresentato dalle valutazioni (che, considerando il price/book, il price/sales e il price/cash flow) sono giunte ai livelli più elevati dell'ultimo decennio e dal fatto che i buy back e le attività di M&A rappresentano ormai il settanta percento dei volumi di scambio. Le aziende si indebitano per ricomprarsi le proprie azioni. Negli ultimi due trimestri la crescita degli utili è stata negativa, sebbene non in maniera così evidente come ci si poteva attendere. (...)