Il Novembre 2013

05.11.2013
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

Novembre, mese migliore per gli acquisti in borsa e quindi caro a chi ama le statistiche. Sarà così anche quest’anno?

Devo dire che difficilmente mi sono trovato in passato così “comfortably numb” relativamente alla situazione sui mercati finanziari, e questo mi porta ad un livello di riflessione più profonda, perché la cosa peggiore che possa capitare ad un soldato è quella di adattarsi alla guerriglia pensando di essere diventato capace di fronteggiare qualunque nemico. Sappiamo che il nemico peggiore è proprio quello che ti prende alle spalle quando meno te l’aspetti e, seppure anche fosse mal equipaggiato e non particolarmente forte, risulta in tal modo beffardo.

Così è anche il rischio di ribasso improvviso, che arriva sempre quando si è impreparati e si è giusto andati aumentando i pesi delle posizioni azionarie. Con questo non voglio dire che mi aspetto un crash - anche perché non ho mai apprezzato i vari catastrofisti, che sono come gli orologi rotti che segnano l’ora giusta due volte al giorno - semplicemente farei attenzione a non caricarmi troppo di azioni nell’immediato, dopo il 25% registrato quest’anno sui mercati europei e americani e il 35 % sul mercato giapponese.

Avendo già consigliato ai nostri clienti di abbandonare i finti porti sicuri delle obbligazioni a favore dei rischiosi oceani azionari (sia a settembre 2011 che ad inizio anno) ed avendo dunque cavalcato la gran parte del rally azionario, ora suggerirei invece un poco di prudenza: non abbandoniamo la positività sul mercato borsistico, ma “congeliamola” pronti a riscaldarla quando magari il mercato dovesse fare una correzione.

Provando anche ad interpretare il quadro tecnico, per capire se il momentum rimane positivo, il Giappone sembra attraversare un trading range tipico delle fasi successive alla sbornia, dove gli investitori che vogliono entrare sono comunque più numerosi di quelli che vogliono uscire, ma non sono disposti a pagare prezzi eccessivi, dopo aver perso il primo spettacolare movimento.

In Europa siamo tornati ai massimi degli ultimi cinque anni (a 3065 punti l’ Eurostoxx), area sulla quale ogni volta siamo stati respinti , con finte rotture generate con pochi volumi; una verifica del test si rende quindi assolutamente necessaria. Se un ariete con dieci soldati non riesce a buttare giù un muro e al secondo attacco i soldati sono diminuiti a otto, non mi aspetterò certo che il muro possa cadere con facilità. Anche gli indici di Wall Street, sui massimi dopo l’ennesimo mese spumeggiante, sembrano invocare un momento di pausa (l’S&P ha guadagnato il 4,46% in ottobre).

A tale proposito vorrei far notare che, con il senno di poi, probabilmente anche al pur criticato Bernanke non può essere disconosciuto il merito di  una lungimiranza notevole per non aver dato il via al cosiddetto tapering proprio nel momento più errato, visto che lo scontro sul debt ceiling ha prodotto danni non ancora quantificati all’economia americana. Al di là delle competenze di ciascuno e delle peculiarità del Presidente della Fed (il cui ruolo a volte mi ricorda quello dell’allenatore della nazionale italiana, Paese dove si contano circa 50 milioni di commissari tecnici) credo infatti che, se riusciremo ad uscire da questa trappola del debito con l’inflazione, molto dovrà essere imputato all’attivismo con cui l’attuale Presidente della Fed ha saputo contrastare una crisi che ci stava portando ad una depressione peggiore di quella degli anni Trenta. Potremmo stare a discutere per giorni se sia meglio continuare a cullarsi nell’illusione di avere in mano la stessa banconota (seppure con un potere di acquisto dimezzato) oppure tagliare del 50% (il famoso haircut) il valore nominale dei crediti che abbiamo nei confronti del sistema finanziario, ovvero la nostra ricchezza mobiliare. Personalmente rimango a favore dell’inflazione, forse perché sono cresciuto negli anni Settanta e Ottanta e ho visto che non ha generato disastri come invece successe nel post-1929, e poi perché dall’inflazione ci si può sempre coprire, finanziariamente parlando, acquistando attività ad essa legate .

In questo momento, le uniche obbligazioni che consiglierei di detenere nei portafogli dovrebbero essere quelle di breve durata e “floating”, oltre che le “inflation-linked” governative ( non europee ). Se invece mi dovessi sbagliare e le borse continuassero a salire, non me ne farei certo un cruccio, visto che comunque non avrei ridotto le posizioni già create in passato. Il 2013 si è rivelato un anno molto difficile per i gestori obbligazionari puri, non avendo oggettivamente dei titoli interessanti sui quali investire. Rimango sempre più convinto che, anche per coloro che non amano il rischio azionario, sia più interessante investire su fondi long short equity che non su fondi obbligazionari long only. Non mi stupirei infatti, se la correzione dei prezzi dei titoli governativi core (qualora cominciasse il tapering o l'inflazione facesse la sua comparsa) avesse l'intensità tipica di un ribasso di borsa.  Avendo a disposizione ottimi gestori ai quali affidare il denaro... cui prodest?

Il sito utilizza cookie tecnici e cookie statistici di terze parti (come GA).
Cliccando su “Accetta” presti il consenso ai cookie statistici.
Cliccando su “Continua senza accettare” puoi negare il consenso ai cookie statistici e continuare la navigazione colo con i cookie tecnici.
Per modificare le tue preferenze o per maggiorni informazioni leggi la “Cookie Policy”

Continua senza accettare Accetta