Il Marzo 2016

01.03.2016
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

Diciamoci subito la verità: ce la siamo vista brutta i primi dieci giorni di febbraio.

Poi ad un certo punto, le tanto auspicate mani forti (alle quali facevo riferimento nel precedente aggiornamento) sono entrate e il mese non si è chiuso poi così male, con il mercato europeo sotto di poco più del 3% e quello americano in frazionale ribasso. Se però andiamo ad analizzare i minimi e i massimi delle ultime 52 settimane, noteremo che l'Eurostoxx 50 ha stornato del 30%, il Nikkei del 28%, mentre lo S&P 500 del 14% circa, confermando la maggiore tenuta di quest'ultimo nelle peggiori situazioni. In ogni caso, ribassi degni di un vero e proprio bear market. Rimane da capire in ottica di asset allocation, se quello al quale abbiamo assistito dopo l'11 febbraio è l’ennesimo rimbalzo, oppure se sono stati raggiunti dei veri e propri minimi di periodo. Difficile esprimersi, visto che a breve parlerà Draghi ed è ancora vivo nel ricordo di tutti gli operatori cosa è accaduto a dicembre. La sola estensione del programma di QE non ha infatti accontentato i mercati finanziari, che chissà cosa si aspettavano e di conseguenza, chissà cosa si aspetteranno nel loro intimo dalla prossima riunione BCE. Forse estendere gli acquisti anche ai corporate bonds potrebbe oggettivamente aiutare i risky assets, ma non sarei così sicuro che i tedeschi accettino, anche se la loro tanto blasonata corazzata (Deutsche Bank) ha dato dei segnali di deciso scricchiolio e quindi potrebbe averne bisogno. Ma il vero problema, a mio modo di vedere, risiede nella fiducia riposta nelle banche centrali, che comincia a vacillare, laddove la forza dell’oro ne è il segnale più evidente. Chi segue i miei report sa che quando l'oro è andato intorno area 1200 ho consigliato di prendere un'esposizione tra i 5 e il 10%, e devo dire che questo consiglio ha sollevato non poche voci critiche nel corso del 2015. La funzione del metallo giallo infatti è proprio quella di "assicurare" contro il rischio delle banche centrali. Sia che abbiano successo (e conseguentemente con un’inflazione che riparta al galoppo) sia che perdano di credibilità. Negli ultimi giorni, abbiamo assistito ad un importante segnale tecnico sull’oro: si tratta del cosiddetto golden cross, che si verifica quando la media a 50 giorni taglia al rialzo la media a 100 e 200 giorni. Questa rottura di solito rappresenta un forte segnale di acquisto, e la stessa cosa è successa anche sui maggiormente volatili ed aggressivi "gold miners". Le motivazioni di questo movimento secondo i "market watchers" sono miste. Alcuni dicono che si stanno riaffacciando le aspettative di una ripresa dell’inflazione americana (come da ultimi dati usciti), altri invece affermano che dipende dagli interessi negativi pagati da numerose banche centrali nel mondo (come di recente ha introdotto anche la BOJ) e quindi l'interesse zero pagato da chi detiene il metallo giallo in questo momento è un plus, in un mondo in cui si pagano interessi per depositare valute (di carta) presso le banche centrali. (...)

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