Il Maggio 2015

01.05.2015
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

Questo mese le mie riflessioni saranno idealmente un proseguimento di quanto scritto circa trenta giorni fa e anche di quanto indicato a inizio anno. In particolare mi soffermerò su quanto è avvenuto nei primi quattro mesi del 2015 e sui recenti accadimenti.

Comincerei con un bel mea culpa in merito alle previsioni sul bund, poiché la mia ostinazione nel non considerarli un’asset class sulla quale convenisse investire aveva assunto i tratti della nota storiella della volpe che, non arrivando all'uva, sosteneva che fosse acerba (o troppo matura, visto che stiamo parlando di bund). Se da un lato avevo correttamente intuito l'impatto che il QE avrebbe avuto sull’equity europeo (consigliandone il sovrappeso), dall’altro avevo assolutamente sottostimato i flussi degli acquisti della BCE, che avrebbero portato l’yield del decennale tedesco a toccare un minimo di 0,07% il 17 di aprile da circa 0,4% d’inizio anno. Tuttavia, dopo quella data, abbiamo assistito a un movimento abbastanza violento che ha riportato nel giro di qualche sessione il bund ai livelli d’inizio anno, offrendo un semplice assaggio di quello che potrebbe accadere se un giorno (anche se non ho idea di quale anno) i tassi dovessero ritornare a dei livelli semplicemente normali. Questa situazione mi ricorda moltissimo quello che accadeva sul Nasdaq nei primi due mesi del 2000. Comprare un titolo obbligazionario con la certezza di perdere dei soldi a scadenza e quindi pagare per prestare il denaro a qualcuno. L’illusione di realizzare un capital gain rivendendo a un prezzo superiore (magari alla BCE) nel breve periodo è molto simile all’atteggiamento degli investitori che acquistavano euforicamente titoli sconosciuti solo perché si diceva fossero legati al web.

Il mio ultimo Punto mensile terminava con le parole di uno stimatissimo gestore inglese, Jonathan Ruffer, che notava una pericolosa correlazione fra tutte le asset class. Come non notare allora che anche il Dax scendeva pesantemente assieme al bund, in particolare modo nella giornata di giovedì 30 aprile, dopo il pessimo dato sul Pil americano?

E cosa dire del dollaro che contro l'euro è arrivato a perdere ben sette figure toccando un minimo intraday di 1,129 nella giornata del primo maggio, seguendo quindi il ribasso dell’equity e dell'obbligazionario europeo?

Dopo questi piccoli crash di mercato, ecco subito affiorare sul web articoli catastrofisti. Ad esempio, quello del gestore svizzero Faber che ipotizza un crollo dello Standard and Poor's di quaranta punti percentuali, oppure quello di Bill Gross che consiglia di shortare il bund tedesco come la chiamata della vita. (...)

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