Il Maggio 2014

05.05.2014
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

Aprile ovvero i tormenti del gestore di secondo livello (come il sottoscritto).

 Il mese che si è appena concluso è stato veramente deludente per chi come me fa l'asset allocator di professione. Molte delle strategie che ho utilizzato infatti hanno sofferto di una profonda rotazione avvenuta all'interno degli indici di borsa, che hanno indiscriminatamente visto scendere i titoli che erano saliti molto negli ultimi sei-nove mesi a favore di quelli che erano rimasti indietro. E tutto ciò senza alcuna ragione oggettiva, almeno all’apparenza.

Per fortuna, avevo già programmato alcuni incontri nella City di Londra, dove ho avuto la possibilità di parlare vis-à-vis con molti dei gestori utilizzati nei nostri portafogli e che mi hanno potuto fornire spiegazioni ben dettagliate. Statisticamente, va subito detto che questo tipo di movimento è un film già visto, almeno parzialmente, e in particolare a seguito del fallimento di Lehman Brothers, poi per un periodo nel 2009 ed infine a gennaio 2011. Ed è proprio nell'analisi dettagliata di questi tre episodi distinti che dobbiamo cercare di trovare una risposta ai nostri quesiti cercando di capire se è il caso di modificare o meno l’attuale asset allocation.

Nel primo caso (post Lehman), furono riversati sul mercato in maniera quasi totalmente random (ovvero senza nessuna gestione attiva delle posizioni) i titoli che erano nei libri contabili dell'allora quinta banca d’investimento americana. Poiché i trader del prop desk non erano proprio degli incapaci, la banca era tendenzialmente lunga di azioni con buoni bilanci e prospettive e corta di titoli che avevano poche possibilità di crescita. Il liquidatore però doveva fare subito cassa e coprire il buco e per tale motivo le azioni con buoni fondamentali vennero vendute scendendo pesantemente nell'immediato mentre i "polmoni con bacilli" (come amava chiamarle Gordon Gekko) salirono per effetto delle ricoperture sulle stesse. Pur tuttavia, una volta finito quest'effetto, le società ben gestite seppero difendersi meglio dalla crisi che sarebbe poi esplosa, mentre le altre spesso fallirono o vennero assorbite dalle prime.

Per tale motivo, molti bravi gestori Long-Short (specialmente i Long Bias), ebbero in tale periodo un fantastico entry point e gli investitori che seppero capirlo si trovarono con grandi guadagni neppure dodici mesi dopo.

Diverso invece quello che accadde nel 2009 e che impattò soprattutto i gestori più orientati al valore, poiché non seppero leggere un turning point forte dell'economia, che ancora oggi stiamo vivendo, ovvero un’entrata a gamba tesa del denaro pubblico nell’economia con un utilizzo incredibile di politiche keynesiane che hanno evitato che il mondo finisse in una depressione stile anni Trenta.

Ovviamente, in un contesto orientato al "salviamo tutti", è difficile (soprattutto per i market neutral puri e quindi senza nessuna esposizione al Beta di mercato) fare risultati, visto che le azioni si muovono tutte più o meno allo stesso modo, ma anche questa situazione di mercato durò giusto qualche mese e i bravi manager market neutral si presero poi le loro belle soddisfazioni nei mesi successivi. Ma, forse, è il gennaio 2011 il periodo che ricorda più di tutti gli altri quanto abbiamo vissuto lo scorso mese di aprile (e in cui tutti i manager Long-Short hanno sofferto, senza distinzioni).

A comportarsi molto bene sono stati i gestori che trovano Alpha all'interno del reddito fisso (e quelli anche semplicemente Long Only), visto l'abbassamento dei tassi d'interesse e il restringimento degli spread tra il Bund e i periferici.

A tale proposito, vorrei segnalare che a Londra più di un operatore si aspetta un Quantitave Easing da parte della BCE, e oltretutto anche di entità consistente, perché altrimenti potrebbe essere interpretato negativamente dai mercati. Volendo provare a dare dei numeri, diciamo che il mercato si aspetta uno stimolo minimo di 500 miliardi di euro, poiché sotto tale somma la lettura potrebbe non solo essere molto negativa (leggi: una banca centrale non determinata nelle sue decisioni) ma annacquerebbe altresì l'effetto annuncio. Se invece fosse dell’ordine di grandezza di 1000 miliardi, allora potremmo vedere un ultimo rally finale dei titoli obbligazionari e un proseguimento dell'azionario europeo, con un break out degli attuali livelli. Per quanto saranno sicuramente fondamentali sia il timing dell’annuncio (c'è chi parla di fine maggio o di giugno) che le sue modalità (quali asset verranno comprati con questa creazione di moneta), possiamo tuttavia iniziare a sussurrare che forse per una volta il vecchio adagio sell on May potrebbe non venire ascoltato. Una cosa è certa: dopo un ulteriore rally dei titolo obbligazionari, con i rendimenti che si schiacceranno ulteriormente, sarà dura poi fare risultati utilizzando i soli titoli obbligazionari...

Cosa fare ora? In questo momento, non vedendo all’orizzonte notizie in grado di risvegliarci dal “coma farmacologico” indotto ormai da anni dalle politiche economiche delle banche centrali (che manipolano docilmente il mercato) e con

il settore finanziario che - di conseguenza - continua a rimanere nel suo status di comfortably numb, ho deciso di non vendere nulla e forse di incrementare qualcosina sui fondi a strategia Long Short Equity, per eventualmente ridurli successivamente in caso di rimbalzo a V, andando a cercare strategie che portino decorrelazione al portafoglio.

Infine, vorrei concludere con un cenno sui TIPS (Treasury Inflation Protected Securities) o Bond inflation-linked. Mi sono reso conto che molti miei investitori pensano che questi titoli possano andar bene solo in caso in cui ci fosse l'inflazione alta e che quest'anno (in particolare quelli americani ed inglesi che ho sempre consigliato) siano andati male, visto che l’inflazione per ora è molto contenuta. Niente di più sbagliato! Innanzitutto perché in realtà da inizio anno sono saliti i prezzi dei TIPS e poi perché i prezzi di tali titoli sono mossi più dalle aspettative d'inflazione futura che non da quella presente, ma soprattutto sono estremamente sensibili ai tassi d'interesse reali, in particolare quelli a scadenza più lunga. Solo a titolo esemplificativo, qualora ci trovassimo in un contesto di interessi reali negativi di un punto percentuale , titoli con scadenze intorno ai 35-40 anni, potrebbero mettere a segno un rally anche del 50-60 % ( dallo stato attuale) e nel caso in cui l'interesse reale fosse negativo di due punti percentuali, tali titoli potrebbero addirittura triplicare. Ora, secondo voi, quale migliore strumento posseggono le banche centrali per " bruciare" il debito pubblico degli Stati, se non quello di utilizzare i tassi di interesse reali negativi?

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