Il Luglio 2015

01.07.2015
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

Nel 1985 ebbe molto successo una trasmissione televisiva notturna che lanciò molti comici.

Fra questi, uno che si chiamava Catalano faceva ridere perché rispondeva con delle ovvietà a domande ovvie.

Secondo voi, come avrebbe risposto un moderno Catalano greco al referendum svoltosi domenica?

Non ho capito infatti lo scalpore che ha suscitato il NO della popolazione ellenica di fronte ad una domanda mal posta e corredata di promesse che non potranno essere mantenute da parte dell'attuale governo.

Avrei voluto vedere cosa avrebbero risposto gli italiani nel 2011 se gli avessero fatto decidere con un referendum sull'applicazione o meno dell'austerity impostagli dall’allora governo Monti!

La verità è che gli accadimenti degli ultimi giorni ci hanno lasciato l'amaro in bocca perché soltanto quindici giorni fa sembrava ormai definito l'accordo e tutti avevano le bottiglie di champagne in mano pronte per essere stappate e nessuno avrebbe potuto pronosticare una tale complicazione delle trattative.

A prescindere da questioni politiche, mi ha stupito molto il comportamento dei mercati all'indomani del risultato greco. Non tanto per la sostanziale tenuta dell'equity europeo e degli spread dei periferici (seppur con la nota negativa dell'Italia sulla quale hanno pesato molto le banche), quanto per l'andamento della moneta unica. Infatti, assistere al rafforzamento dell’euro (sul dollaro, ma anche su franco svizzero e yen) quando tutti temevano l'esatto contrario, mi fa molto pensare su dove si stiano realmente posizionando gli investitori “pesanti”. E non credo proprio si tratti di ricoperture visto che nell'ultimo periodo l'euro si era comunque già rafforzato.

Può essere che i traders pensino che il rischio Grecia sia sostanzialmente sotto controllo e che la questione oramai sia più politica che finanziaria e per tale motivo stiano facendo provvista di euro per poi reinvestire su risky asset continentali, nel momento in cui si arrivasse non dico ad un accordo, ma quanto meno ad un piano condiviso.

Se così non fosse, al contrario avremmo dovuto assistere ad un rialzo importante delle valute sopra citate (dollaro, franco e yen), ma anche dell'oro, che invece continua a sonnecchiare tra 1150 e i 1200 dollari l'oncia.

Pur tuttavia dobbiamo ammettere che, in una situazione così poco legata ai fondamentali e così tanto in mano ai politici, fare delle previsioni è un esercizio al quanto rischioso se non inutile. (...)

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