Il Giugno 2016

01.06.2016
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

Qualche giorno fa, mi è capitato di leggere un interessante articolo sul Corriere del Ticino, nel quale si raccontava che "La clientela facoltosa, visti i bassi tassi di interesse e l'incertezza che regna sui mercati finanziari, non sa più dove investire i propri patrimoni. La proporzione degli indecisi, secondo uno studio pubblicato dalla banca del Liechtenstein LGT, raggiunge il 40%. Quasi tutti ritengono che non esistano alternative ai mercati azionari, ma in pochi hanno aumentato gli investimenti in questo comparto: la quota è così rimasta invariata al 44%. Lo studio, che ha preso in esame un campione rappresentativo di investitori facoltosi in Svizzera, Austria e Germania, mostra che il 25% dei detentori di titoli giudicano il mercato azionario sopravvalutato. Per il mercato immobiliare la proporzione sale al 52%". Nel frattempo la banca Rothschild ha deciso di caricare di un costo dello 0,4% tutti i conti superiori ai 100.000 euro, e questa mossa pare che verrà seguita in futuro anche da altre banche che non hanno bisogno di capitali. Del resto, mettetevi nei panni di un tesoriere: se deposita il denaro della clientela presso la banca centrale, deve pagare un tasso d'interesse e quindi se non scarica sulla clientela tale costo, va incontro ad una perdita certa. D’altra parte, le uniche banche che pagano tassi d'interesse attivi sono quelle che hanno bisogno di capitale e quindi " a rischio" per definizione. Stiamo vivendo quindi con un dubbio amletico: prestare denaro (ad una banca, uno Stato o un'azienda) che porta zero interessi o negativi, o a chi invece è pronto a riconoscere un (piccolo) ritorno che però non ci fa dormire la notte? L’aspetto buffo della faccenda è che sebbene anche investire in immobili non venga considerata più una buona idea e solo il 25% degli intervistati facoltosi consideri le azioni sopravvalutate ai livelli attuali, la quota azionaria in portafoglio non aumenta. Perché? Stiamo quindi forse piano piano arrivando laddove le banche centrali si auspicavano si approdasse qualche anno fa? I capitali verranno finalmente rimessi al servizio dell’economia reale, attraverso investimenti in grado di far ripartire anche l'inflazione che andrebbe poi a bruciare il valore reale dell'enorme debito accumulato in questi anni? Forse sto sognando ad occhi aperti perché ragionando in maniera lucida manca sicuramente il catalizzatore giusto per far sì che questo avvenga. L’azione sulle leve fiscali da parte dei Governi che mettano fine all’austerity fornendo nel contempo una chiara spinta agli investimenti. Altrimenti non vedo quali dovrebbero essere le prospettive per il futuro né immagino come si potrebbe crescere altrimenti. Credete davvero che la Borsa americana riuscirebbe a rimanere su questi livelli se gli utili dovessero cominciare a contrarsi seriamente? E sappiamo tutti che se Wall Street dovesse stornare pesantemente, difficilmente le Borse europee (e le mondiali in genere) riuscirebbero a reggere l'urto, anche se con valutazioni più a sconto. (...)

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