Primi giorni di gennaio, si torna al lavoro ed ecco che subito arriva il momento di fare il bilancio dell'anno passato.
E' sempre un momento difficile questo, perché bisogna fare i conti con le proprie convinzioni, capire se ci stiamo innamorando di un'idea d'investimento (sia essa un titolo, un fondo, un’asset class) oppure se sia giunto il momento di modificare il nostro portafoglio.
A tal proposito, credo sia un utile esercizio quello di compiere un check-up di quanto previsto dodici mesi fa in material di asset allocation.
http://www.frameam.ch/frameam/images/il puntomensile/IlPuntoMensile_07012014_PU BLIC.pdf
Poiché non è mia abitudine nascondermi dietro ad un dito, inizierò la mia analisi confessando che non avrei mai pensato accadesse quanto abbiamo visto sui titoli governativi europei e americani nel corso del 2014, per non parlare poi di quello cui abbiamo assistito nel solo mese di dicembre. Il Bund tedesco si trova ormai ai minimi storici di rendimento cedolare, ma la cosa ancora più impressionante è il T Bond americano sotto il due percento, nonostante l’economia abbia saputo ritrovare la crescita degli anni passati.
Questo ribasso di tassi nel corso del 2014 ha portato un rendimento eccezionale per coloro che sono rimasti investiti sui governativi decennali, cosa che io avevo invece sconsigliato di fare.
Fortunatamente, avevo tuttavia anche suggerito di investire sui TIPS (Treasury Inflation-Protected Securities) americani e inglesi, che hanno avuto un'ottima performance nonostante la totale assenza di pressioni inflazionistiche, grazie al fatto che siamo ormai entrati in un contesto di tassi reali negativi.
Le altre due scelte relative al mondo obbligazionario, ovvero debito frontier e fondi long short credit, sono state appena soddisfacenti con rendimenti tra il 3 e il 5 percento, scelte che avevo fatto proprio perché mi sarei aspettato al contrario tassi stabili o leggermente in salita e non certo dimezzati.
L'unica magra consolazione viene dal fatto che molti gestori obbligazionari che hanno mandati sia flessibili che a benchmark hanno realizzato le performance più consistenti solo negli ambiti nei quali erano costretti a rimanere investiti, mentre dove avevano libertà di movimento hanno ottenuto più o meno i miei stessi risultati, a dimostrazione che neppure loro credevano potesse accadere quanto descritto poc’anzi.
Sicuramente più redditizia invece si è rivelata la “chiamata” sul dollaro americano, che dal rapporto di cambio di 1,36 contro euro di inizio 2014, ora si trova sotto 1,20. Pensavo arrivasse in area 1,28, ma nel corso dell'anno, vista la differenza di crociera tra le due economie, ho modificato più volte il target di prezzo. (...)