Il Gennaio 2013

02.01.2013
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

E’ finito il 2012, un’ottima occasione per fare un consuntivo dell’anno appena trascorso. Proviamo ad analizzare quanto è stato scritto nel corso dell’anno e vediamo cosa è stato visto nella maniera giusta e cosa invece è stato sbagliato.  

All’inizio del gennaio scorso parlavamo di chiare occasioni di acquisto presenti sui listini azionari ed effettivamente abbiamo assistito ad un buon anno praticamente per tutti gli indici di borsa mondiali. L’S&P 500 è salito del 13,41 %, l’Eurostoxx 50 del 13,79% e il Nikkei del 22,94%. (Quest’ultimo in particolare, era stato segnalato come possibile sorpresa dell’anno nel Punto Mensile di febbraio). Quindi, un investitore che avesse passato gli ultimi 12 mesi su di un’isola deserta, potrebbe pensare che il 2012 sia stato un anno relativamente tranquillo… Purtroppo sappiamo bene che non è andata così. Anzi, tutti ricorderanno che a metà luglio sui mercati si stava diffondendo il panico e solo grazie all’intervento di Draghi (giustamente eletto uomo dell’anno) abbiamo potuto assistere ai numeri che poc’anzi citavo. La fiducia nella BCE è stato un altro nostro cavallo di battaglia, in quanto abbiamo sempre creduto che non convenisse a nessuno far saltare l’Euro, né tantomeno l’economia Europea, in primis ai tedeschi. In merito ai mercati obbligazionari avevamo notato nel settore  high yield una particolare vivacità ed interesse da parte degli investitori istituzionali, che si sono trasformati in buone performance per i sottoscrittori ed infine, sempre per quello che riguarda i consigli azzeccati, la scelta di puntare sui rischiosi BTP,  anziché sui sicuri BUND si è rivelata redditizia. Ma dov’è che abbiamo sbagliato allora?

Banalmente, l’errore più grosso è stato proprio sulla chiamata che più di tutte continuo a considerare come quella più giusta (per il futuro), ovvero l’inflazione  e i titoli di Stato legati ad essa, gli “inflation linked” o TIPS governativi UK e US. A nostra discolpa però possiamo dire che i regulators inglesi hanno deciso unilateralmente di modificare la base di calcolo per il rimborso del nominale legato all’inflazione.  Un altro sbaglio è stato quello di puntare su aziende value e difensive piuttosto che sui titoli a maggior beta (in particolare i finanziari) e sulle azioni aurifere, che si trovavano e ancora si trovano ad uno sconto ai massimi storici rispetto al metallo che estraggono e vendono, piuttosto che non direttamente sul gold bullion. Ma adesso veniamo al 2013 … I mercati azionari hanno aperto l’anno nuovo al rialzo sull’entusiasmo del raggiunto accordo sul fiscal cliff, anche se allo stato attuale non può essere considerato più di un semplice “antipiretico”.  La cura vera e propria deve ancora essere prescritta. Di sicuro c’è il fatto che i principali indici mondiali rimangono ben impostati tecnicamente: l’Eurostoxx 50 dopo la rottura del massimo relativo di marzo sta proseguendo la sua corsa verso i 2800, mentre l’S&P500 sembra aver voglia di andare a sfondare i 1465 toccati in settembre, dopo aver scaricato tutti gli oscillatori. Ma il vero test è quello del Nikkei: dal 1989 in poi questo indice ha sempre bucato il proprio minimo precedente ogni 3 anni circa (vecchio minimo-nuovo minimo, salvo che tra l’aprile 2003 e il febbraio 2009, periodo nel quale fece  un incredibile saliscendi da 7800 circa (aprile 2003) a 18100 circa (giugno 200, oltre +130%), per poi ricrollare a 7500 nel febbraio 2009. Negli ultimi 4 anni invece sembra aver trovato una base importante di accumulo, testata anche in occasione del terribile terremoto del marzo 2011. Recentemente ha rotto un paio di importanti resistenze di breve, ma il vero punto cruciale rimane, a mio modesto parere, il test degli 11300 circa, livello raggiunto nell’aprile 2010. Qualora assistessimo ad una violazione dello stesso con forza e volumi nel prossimo futuro, potrebbe voler significare un oggettivo ritorno massiccio degli investimenti azionari nel paese del Sol Levante, guidati dalle politiche inflazionistiche della BOJ e di conseguenza dal crollo dello Yen contro le principali valute mondiali. Se poi sarà un rally duraturo o di grande intensità, non è possibile saperlo… certo è che un +130% (come nel 2003-2007) non mi dispiacerebbe. Tengo a precisare però che io nei grafici vedo non degli “specchi delle mie brame”, ma piuttosto delle rappresentazioni della psicologia degli investitori, guidata dalle mosse dei grandi “regulators” che cercano di ricreare quella fiducia che ormai da troppo tempo manca sui mercati dei capitali. Ed è noto a tutti che a volte bastano dei repentini cambi di umore o della percezione del rischio per assistere a violenti ritracciamenti dei listini. Mi è piaciuto moltissimo l’esempio di  Cesare Novelli che cito: “la verità è che si naviga a vista ed i timonieri (le Banche Centrali) devono tenere a bada la ciurma dicendo che la terra è vicina ma nella realtà non sanno esattamente neppure loro in quale punto dell’oceano ci troviamo”. L’anno scorso andammo a Londra (tutto la staff di ricerca Frame) in gennaio a parlare con i migliori “strategist” mondiali per avere delle ispirazioni sull’anno appena iniziato. Quest’anno faremo altrettanto, spero quindi di essere più ispirato nel prossimo Punto Mensile. 

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