Il Febbraio 2016

01.02.2016
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

Ladies & gentlemen, that’s rock and roll!

Questo è quello che mi ha riferito un collega gestore in una sera di gennaio. E si può dire senza timore di essere smentiti che febbraio non è certo cominciato diversamente. Analizziamo prima la situazione attuale e poi cerchiamo di capire come muoverci a livello di asset allocation nel breve ma anche in futuro. Per farmi un’idea più precisa dell’accaduto sono stato a Londra a confrontarmi con diversi e stimati gestori ed analisti e come voi ho letto di tutto di più. La prima cosa che salta all’occhio in questo inizio anno è sicuramente la volatilità intraday di moltissime blue chip, in particolare delle banche. Quello che è accaduto ad esempio a Banca Intesa nel giorno della trimestrale è stato a dir poco pazzesco. Nonostante abbia riportato degli ottimi risultati trimestrali ed abbia confermato buone prospettive per il 2016, il titolo prima è salito del 5% e poi ha chiuso a meno 3,9%, trascinato al ribasso dall’ondata di negatività di fine giornata. E nei due giorni precedenti aveva fatto anche peggio, muovendosi in un range di quasi quindici punti percentuali. Di fronte a questi segnali, mi sorgono spontanee tre domande: perchè avvengono questi tracolli repentini? Siamo in presenza di un bear market? Quando e se torneremo ancora a comprare? Sappiamo tutti che ci sono i grandi fondi sovrani in questo momento sono venditori netti mentre i grossi compratori ancora non si vedono all’orizzonte. In tale contesto, aggiungete che i volumi di mercato allo stato attuale sono realizzati per un 75% dai robotrader e solo per il rimanente 25% dagli esseri umani. I robot non pensano, eseguono. Il lato positivo (perchè ce n’è sempre uno, a ben pensarci) è che se non altro una volta avremmo dovuto attendere mesi per vedere questo ribasso (non dimentichiamoci che il mercato azionario europeo ha perso il 25% dal massimo relativo di aprile 2015 di cui il 20% soltanto nelle ultime 50 sessioni) mentre ora ci siamo levati il dente velocemente. Ma tornando alla domanda del bear market, è finita qua oppure continuerà a scendere e dovremo levarci altri denti? Se proviamo a rimanere razionali e ad uscire da questo contesto di frenesia, possiamo affermare che questo ribasso a livello fondamentale non è totalmente incomprensibile, specie se prendiamo a titolo di esempio la possibile contrazione degli utili delle aziende presenti sullo Standard and Poors. Se a 118 dollari di utili composti l’indice americano poteva rimanere a 2100 punti con P/E di 17-18, nel momento in cui gli utili si contraggono del 10% anche il P/E è destinato a modellarsi su di una media più consona ad un periodo di deterioramento degli utili, diciamo 15-16. A quel punto, l’esercizio sul fair value dell’indice dipende da quanto saranno gli utili del 2016. A 105 dollari potrebbe essere giusto un valore di 1650-1700, che vorrebbe dire una correzione del 20% circa dell’indice americano. (...)

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