Il Dicembre 2016

01.12.2016
Michele De Michelis
Michele De Michelis
PRESIDENTE CDA E CHIEF INVESTMENT OFFICER

Questa volta i sondaggi non hanno sbagliato, seppure anche in questa circostanza il risultato del referendum italiano non mi abbia sorpreso affatto. Non voglio entrare in disquisizioni politiche, pur tuttavia mi è bastato assistere a parecchie discussioni in svariati ambienti sociali per arguire che probabilmente la metà dei votanti non ha probabilmente neppure letto con attenzione il quesito, che non si presentava neanche particolarmente chiaro. Per tale motivo si è verificata una tendenza molto comune in questo tipo di situazioni, ovvero quella di seguire il pensiero di alcuni opinion leader, che magari avevano interesse che tale riforma non passasse per diversi motivi, che hanno portato ad una coalizzazione contro Renzi e di conseguenza al trionfo del NO. Le ripercussioni si sono subito viste il lunedì 5 Dicembre su alcune banche, in particolare su MPS, che allo stato attuale non trova i soldi per la ricapitalizzazione, e anche questa cosa era "ça va sans dire" scontata in caso di vittoria del NO (è accaduto esattamente ciò che mi avevano detto alcuni gestori a Londra in Ottobre). Le ultime notizie riportano che lo Stato italiano abbia chiesto alla UE di salvare la banca più antica del mondo (ma anche di puntellare altri istituti che versano in cattive acque) con un prestito di 15 miliardi del Fondo salva stati, ma è altresì molto probabile che venga chiesto (per usare un eufemismo) agli obbligazionisti subordinati di convertire il capitale in azioni, non esattamente l'esito finale che si aspettavano dal proprio investimento. In tutto questo marasma generale, noto tuttavia che alcuni istituti bancari europei e americani si stanno muovendo esattamente come mi auguravo accadesse quando ho scritto il mio resoconto mensile di Ottobre. In quell'occasione infatti mi ero esposto su tale asset class, seppur conscio dei rischi di breve termine, in quanto mi sembravano oggettivamente a buon mercato rispetto ai titoli più difensivi. La vittoria di Trump ha fatto letteralmente volare i finanziari (e i ciclici) americani, così come i consumer staples hanno corretto decisamente, ma anche le azioni di BNP, Intesa e Santander sembrano aver fatto un break out (tecnicamente parlando) estremamente interessante, che ricorda molto quanto accaduto oltreoceano di recente. Per tale motivo mi aspetto un piccolo consolidamento nel breve periodo, pur rimanendo fiducioso per il futuro, anche alla luce di quanto affermato da Draghi nell'ultimo discorso. I bond governativi mondiali hanno visto salire i rendimenti di oltre mezzo punto percentuale, di conseguenza i fondi obbligazionari che investono in tale asset class presentano delle perdite nell'ultimo periodo di quattro, cinque punti percentuali, ma pensate cosa potrebbe accadere se tornassimo a dei tassi semplicemente considerati "normali" fino a qualche tempo fa? Oggi come oggi soltanto pensare a dei rendimenti del quattro per cento su un Bund tedesco sembra quasi una bestemmia, ma la storia ci dice che bisogna fare molta attenzione a dare per scontato gli scenari attuali. (...)

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