Poi una mattina ti alzi e leggi "S&P declassa l'Italia, il rating passa a BBB-" e subito sotto (sempre in prima pagina) un altro articolo che dice "Spread BTP Bund sotto i 120 punti, il differenziale con il decennale tedesco scende ai minimi da maggio 2010. Borse in rally, piazza Affari la migliore (+3,4%) con banche e FCA".
Ma...ho letto bene?!
Nonostante avessi già vissuto le notizie in diretta sui monitor il giorno prima, non potevo trattenermi dall’immaginare che cosa avrebbe potuto credere uno stesso operatore finanziario di vent’anni orsono. Nella migliore delle ipotesi avrebbe pensato ad uno scherzo o ad un pesce d’aprile in dicembre.
E invece, questa è la realtà che tocca quotidianamente a chi come noi cerca di gestire il denaro della clientela con il massimo grado possibile di onestà intellettuale.
A volte, tuttavia, mi sembra di essere un ingegnere al quale hanno cambiato i principi base della fisica: infatti, è come se le banche centrali avessero cambiato l'asse d'inclinazione della sfera terrestre e quindi tutte le regole di calcolo che ti avevano insegnato non avessero più alcun valore. Proviamo quindi a formulare delle ipotesi d'investimento partendo dalla situazione attuale, dimenticandoci del passato, e poi (per coerenza cronologica) andremo a valutare quello che era stato indicato su questa rubrica nei mesi precedenti.
La situazione attuale vede il rendimento dei Bund decennali stabilmente sotto lo 0,8 percento, ma soprattutto i Btp sotto al 2 percento, i Bonos quindici basis point meno e gli OAT intorno all’un percento.
Questo vuol dire che dal mercato obbligazionario governativo europeo un investitore difficilmente potrebbe aspettarsi rendimenti eclatanti, quantomeno in situazioni "normali". Pur tuttavia (perché esiste sempre un però di questi tempi) ci siamo abituati a vivere in assenza di “gravità” (e soprattutto senza poter far conto sui meccanismi che hanno sempre funzionato fino al recente passato), in attesa di un Quantitative Easing che tutti indicano come possibile già nei primi mesi del 2015.
Il nostro amato governatore, che muove i mercati con le parole come Mangiafuoco muoveva i burattini nella famosa favola di Collodi, non ha voluto fornire un'indicazione specifica, anche perchè sennò ci avrebbe levato tutto il divertimento.
Ma quali titoli acquisterà la Bce con il trilione che già avrebbe deciso di riportare in bilancio, sapendo che certamente non comprerà oro o titoli extra-Ue?
Nel mese di novembre ho avuto occasione di parlare con molti analisti e quasi tutti concordavano nel pensare che le prime asset class a beneficiare del “bazooka” saranno le obbligazioni corporate, stimando acquisti per un ammontare intorno ai duecento miliardi di euro.
Apportando alle aziende un’ulteriore iniezione di liquidità (per altro già molto elevata) a tassi estremamente bassi, l'obiettivo della banca centrale rimane sempre il medesimo, ovvero spingerle finalmente ad investire, facendo così decollare la voce di bilancio nota come Capex. Questa operazione di ingenti acquisti sul mercato comporterebbe poi un ulteriore restringimento degli spread e la possibilità di effettuare un po’ di capital gain su questa classe di attivi.
Non ritengo invece credibile che Draghi si stia preparando ad acquistare obbligazioni high yield, anche se potrebbero “stringere” anch’esse in sintonia con un più generale movimento di riduzione degli spread, a meno che il prezzo del petrolio continui a scendere, con grossi rischi di default per tutte le società super leveraggiate (soprattutto Usa) che si occupano di perforazione ed estrazione.
La restante tranche, dopo il TLTRO e i Corporate bond, dovrebbe andare finalmente sui titoli governativi. Alcuni pensano che il bazooka venga predisposto per colpire più la periferia europea rispetto al resto, altri che invece sarà calibrato dalla logica dei volumi. Pur tuttavia, è da annotare che negli Stati Uniti, quando la FED annunciava il QE, sulla notizia i tassi salivano leggermente in quanto le aspettative d’inflazione a quel momento risalivano, oltre al classico effetto del "buy on rumors and sell on news”.
Per tale motivo un ulteriore capital gain sui governativi potrebbe non essere così scontato.
Del resto, se di fronte ad un declassamento di S&P, l'Italia raggiunge questi livelli di tassi minimi record, non può che voler dire che moltissimi investitori sono già “dentro” e anche con ingenti capitali.
Per quanto riguarda l'equity, ci sono molte aspettative e tutti sperano che ciò che è successo negli Stati Uniti e in Giappone possa ripetersi anche in Europa, magari un rialzo sano, basato sull'aumento degli utili (anzichè su di un’espansione dei multipli) supportati dall’indebitamento dell’euro.
Ma le incognite rimangono molte, troppe, per poter investire tranquillamente in risky asset e non pensare anche ad eventuali coperture.
A tale proposito, tengo sempre bene in testa le parole degli strategist di case di gestione inglesi, come Ruffer e Troy asset management, che gestiscono il portafoglio dei loro clienti con due approcci distinti: il "greedy portfolio" ovvero i titoli da avere in portafoglio qualora le cose, come dicevamo prima, funzionassero, ma anche un "fear portfolio" che ti possa proteggere e magari farti guadagnare qualcosa nel caso in cui le cose andassero storte. E sono molte le cose che potrebbero andare storte anche con un grande stimolo monetario, basti vedere cosa è successo al Giappone dove se da una parte è indubbio che il Nikkei si trovi sui massimi relativi dal 2008, dall’altra, l'economia reale ancora fatica a ripartire, essendo tornata in recessione tecnica negli ultimi sei mesi. Possiamo pertanto affrontare gli inizi di questo 2015 continuando a essere investiti su equity ben selezionato (anche sotto forma di fondi azionari o azionari Long Short) cercando di aumentare senza paura sui ribassi e alleggerendo senza avidità sui rialzi, ed eventualmente tornare a sovrappesare un po’ l'Europa a discapito degli Stati Uniti, dove le valutazioni adesso cominciano a essere un pochino tirate, e mantenendo il sovrappeso sulle azioni nipponiche (come ormai vado dicendo da un paio d’anni).
Allo stesso tempo, però, non abbandonerei strumenti di protezione come potrebbero essere il dollaro (che in ogni caso dovrebbe continuare a beneficiare dell'allentamento monetario della BCE), le put option sugli indici e il solito oro che, come ricordavo anche il mese scorso, rimane la vera alternativa all'immanente progetto delle banche centrali, nonchè il naturale beneficiario del successo delle politiche delle stesse, che si dovrebbe tradurre nel ritorno dell’inflazione.
Credo non abbia molto senso invece prevedere catastrofi nell'immediato, anche se in un ufficio di Londra mi ha molto colpito una banconota da cinquanta trilioni di dollari (50.000.000.000.000) dello Zimbabwe incorniciata sotto un eloquente “Never forget the real value of the paper money... Zero”.